martedì 1 ottobre 2013

Miti e Leggende: Quel Selvaggio di Marlon Brando


"Il Selvaggio" di Marlon Brando
 
Il selvaggio -"The wild   one", 1953, di László Benedek con Marlon Brando e Lee Marvin- trae ispirazione dal racconto "The Cyclists' Raid di Frank Rooney,1951" realizzato partendo da un fatto di cronaca del 4 luglio 1947, quando la cittadina di Hollister, in California, venne messa a ferro e fuoco da una banda di motociclisti. Fatto già di per sé divenuto un'icona della cultura biker, tanto da fare della cittadina meta di pellegrinaggio di tutti i bikers del mondo. Il film, a distanza di sessant'anni, può far sorridere per l'ingenuità con cui vengono rappresentate certe dinamiche, (già in Hells Angels on Wheels, del 1967 con Jack Nicholson, mai tradotto in Italiano, tali ingenuità erano state ben messe da parte) ma occorre tener presente, qualora lo si vedesse oggi per la prima volta, che per l'epoca sia l'interpretazione di Marlon Brando del protagonista Johnny, sia il modo di fare dello stesso e perfino il suo look erano manifestazioni palesi di ribellione alla società americana, tanto da divenire velocemente vere e proprie icone non soltanto per i motociclisti ma per tutta la gioventù dei ribelli, proprio quella che di lì a poco sarebbe diventata la Rock Generation, la cui influenza su un'infinità di usi e costumi è visibile a tutt'oggi -provate un po' ad immaginare un qualsiasi film in cui il bel tenebroso di turno non indossi una giacca di pelle, non inforchi Ray Ban o non tiri fuori una moto almeno in una sequenza!-.
La trama è abbastanza semplice e, vista con gli occhi di oggi, quasi banale. Una banda, la Banda Ribelle Motociclistica nella traduzione italiana, che in realtà era il Black Rebel Motorcycle Club, porta scompiglio sulla strada senza una ragione apparente, arrivando al punto di attraversare a piedi e in gruppo un circuito sul quale si sta disputando una gara motociclistica -con tutte le conseguenze del caso- rubando altresì il trofeo dedicato al secondo posto (il primo stava troppo in alto....) Trofeo che messo in bella mostra da Johnny sulla moto diventa la pietra dello scandalo, quando in un'altra cittadina la banda di Johnny incontra quella del rivale (ed ex capo) Lee "Chino" Marvin. La rissa tra i due capi che si contendono il trofeo viene interrotta da un attaccabrighe del paese, infastidito per il caos fatto dai motociclisti. Chino viene arrestato per aver aggredito l'uomo e lo sceriffo propone a Johnny un veloce rilascio se lui avesse ordinato alle due bande di lasciare immediatamente la città. Johnny rifiuta, e nelle ore successive la città viene turbata dalle intemperanze delle due bande, momentaneamente riappacificate, che grazie anche a fiumi di birra ne combinano di tutti i colori. La tensione tra motociclisti e cittadini arriva al culmine quando Johnny dà l'ordine ai suoi di liberare Chino e di mettere in cella l'attaccabrighe residente al suo posto. I duri della città decidono quindi di unirsi e ribellarsi alla specie di assedio a cui sono sottoposti, trovando in Johnny il capro espiatorio a cui far pagare tutte le prepotenze subite.


Johnny, che invece nel frattempo si sta dedicando a tentare di sedurre la cameriera del bar, tra l'altro figlia dello sceriffo -che prima gli risponde picche e poi inaspettatamente gli chiede di fuggire con lui, e lui rifiuta!- viene quindi catturato e pestato proprio un momento dopo aver ordinato ai suoi di partire, trovandosi quindi solo a fronteggiare un'intera città imbestialita. Riesce a scappare ma, durante la fuga in moto, dalla folla qualcuno gli tira un cacciacopertoni, lo colpisce, Johnny cade ma la moto lanciata continua la sua corsa andando ad investire un anziano barista, uccidendolo.

Casualmente proprio in quel momento arrivano i rinforzi chiesti a gran voce dallo sceriffo, che arrestano buona parte dei motociclisti ed in primis il nostro Brando, accusato ora di omicidio. Qualche minuto di suspance e poi la bella barista che tenta di scagionarlo dalle accuse, cosa in cui non riesce in quanto, effettivamente, le prove sono tutte contro il ragazzo. La disperazione della ragazza muove però a compassione gli unici due che realmente hanno visto il lancio dell'attrezzo metallico che aveva causato la caduta e la morte del malcapitato. Neanche a dirlo, sono lo zio della barista ed un suo amico i quali, testimoniando quindi la mancanza di responsabilità di Johnny riguardo alla caduta, lo scagionano definitivamente. Chissà perché, a questo punto la ragazza non è più innamorata di lui, tant'è che se ne resta sorridente seduta al bar quando il bel Brando le regala il trofeo, nonché l'unico sorriso di tutto il film, come ringraziamento prima di andarsene solitario.


Scherzi a parte, andando oltre la trama un po’ ingenua, Il Selvaggio rappresentò veramente una sorta di scandalo per l'epoca, una vera e propria rottura con i canoni del passato non solo eleggendo a protagonisti di un film, ma addirittura rendendo affascinanti e quasi giustificandoli, quelli che allora erano visti come i delinquenti, i cattivi esempi e via dicendo. Certo, oggi ciò non solo è normale ma popolarissimo (pensate ai film su mafiosi/camorristi ecc...) ma allora suscitò tanto scalpore che in Inghilterra la pellicola venne vietata ai minori di quattordici anni, e la Triumph manifestò pubblicamente il suo disappunto in quanto, secondo la dirigenza, le loro belle moto erano state messe in mano ad un branco di delinquenti perdigiorno e ciò era lesivo dell'immagine e della tradizione della celebre casa motociclistica britannica.
Il solo fatto che a tutt'oggi, esattamente sessant'anni dopo, due terzi dei biker del mondo girino con "chiodo" e Ray Ban e la stessa Triumph abbia dovuto tirar fuori delle repliche delle moto del film (cosa che a detta di molti ha anche scongiurato il secondo fallimento della sua storia di factory) dovrebbe essere un chiaro segno di quanto Il selvaggio abbia lasciato il segno nell'immaginario di tutti,  ribelli e non.
 
Andrea Mariani


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